venerdì 17 febbraio 2012

Io Educatore

Sono le storie che fanno conoscere e che fanno crescere. Da questo nasce la voglia di narrarle e di condividerle. Per questo negli ultimi giorni ho chiesto a persone che lavorano a stretto contatto con i bambini di raccontarmi le loro esperienze di vita, perché se le favole ci aprono un mondo di sogni, le testimonianze ci svelano il mondo reale.

Per rompere il ghiaccio partirò con la mia..

Non sempre sono stata sicura di voler lavorare con i bambini. Da piccola volevo fare l’archeologa, poi l’interprete, poi l’assistente sociale… Ancora oggi tante volte mi chiedo se sono stata davvero io a scegliere di percorrere questa strada o è stata lei a dirottare il mio cammino.

L’università è stata determinante: mi son piaciuti i corsi, i libri, tanti professori; il tirocinio mi ha fatto conoscere cose nuove e inaspettate e il percorso di tesi è stato uno dei periodi più intensi della mia vita. Sono stata assunta nello stesso nido (gestito da cooperativa sociale) in cui ho fatto il tirocinio ed è stata una sorta di naturale continuazione. Le educatrici mi avevano sempre appoggiato e mi sono state di grande aiuto quando, senza alcuna esperienza, ho iniziato a lavorare. Il primo periodo è stato un po’ precario per orari e inquadramento professionale, ma la situazione è andata pian piano stabilizzandosi. Dì lì a poco mi fu affidata la sezione Lattanti e la paura era tanta: paura di non essere in grado, di non saper gestire bambini così piccoli e genitori ancor più impauriti di me. Invece tutto filò liscio e l’anno successivo proseguii con i Medi: che bei legami che si costruiscono quando si ha modo di avere una continuità educativa!

L’anno successivo la cooperativa aprì un nuovo nido e mi spostarono a lavorare con nuove colleghe e in un nuovo ambiente. L’asilo era un open space con angoli tematici ben organizzati e sezione mista di medio- grandi. Quell’anno mi ha insegnato davvero molto ma è stato un periodo di forte rimessa in discussione. I metodi di lavoro erano diversi, la gestione degli spazi e del piccolo/ grande gruppo era tutta da imparare, il confronto con il team educativo spesso portava a contrasti, ma la referente del servizio ha avuto la capacità e il grande merito di cementare il gruppo e di avere grande fiducia nei risultati. Il suo ottimismo non poteva che contagiarci e alla fine ho ritrovato le mie motivazioni: i bimbi! Sono loro il motore di tutto, sono loro che rendono il lavoro meraviglioso nonostante orari impossibili, paghe basse, denigrazioni varie.


Alla fine sono riuscita a vincere un concorso al Comune di Firenze (avrei da dire tanto anche sull’importanza di mettersi alla prova ogni tanto... ma rischio di andare fuori tema) e da un anno lavoro lì. La differenza tra Comune e cooperativa è quasi abissale: i ritmi sono più tranquilli, il numero di bimbi più ridotto, il target dell’utenza diverso e… l’assetto amministrativo tutto da studiare. Anche in questo caso ho avuto la fortuna di essere accolta da una collega che mi ha dato fiducia e mi ha lasciato spazio, cosa che non è così tanto scontata.

Questi anni nei nidi mi hanno fatto crescere tanto sia a livello professionale sia a livello umano. All’inizio mi armavo di Pedagogia e lottavo contro i mulini a vento, poi ho capito che calarsi nella realtà è molto più complicato, perché le variabili in questione sono tante quando si parla di relazioni. L’importante è non perdere mai di vista l’obiettivo principale e non agire per rivalsa personale o in maniera casuale. “L’intenzionalità educativa deve essere rivolta ai bambini”: sembra una frase da manuale ma me la ripeto ogni giorno per cercare di svolgere al meglio il mio lavoro.

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