mercoledì 22 gennaio 2014

La paura: comprenderla ed affrontarla insieme

La paura è l’emozione più vecchia del genere umano; è un’emozione insostituibile nella vita di ogni individuo, non esiste essere umano privo di questo elemento.Avere paura di qualcosa significa vedere in essa un potenziale pericolo, un oggetto che in qualche modo ci disturba e ci turba. La paura è un’emozione che paralizza, che impedisce lo svolgimento delle normali attività, per questo si fatica anche a parlarne. I bambini, in quanto in fase di formazione e per questo con una personalità non definita, sono più contagiabili rispetto agli adulti. I bambini non si spaventano solo quando si trovano davanti al pericolo, ma anche quando percepiscono negli altri segnali di paura. Per cui basta vedere nell’adulto significativo segni di timore, di ansia e di paura per percepire anch’essi la medesima emozione. Alcune paure sono utili (come ad esempio la paura delle prese della corrente, degli incendi, del traffico..), altre invece non lo sono e vengono acquisite solo perché l’adulto le sta vivendo e le sta comunicando. La paura però non emerge solo in presenza di uno stimolo pericoloso, ma anche in assenza di una determinata realtà. Per cui un bambino che viene allontanato dal contesto familiare, privato quindi delle figure di riferimento, può sentirsi impaurito e ansioso. Il superamento dell’assenza dà più sicurezza al bambino, ma nel momento in cui la vive lo confonde. C’è da considerare anche una dimensione evolutiva della paura: esistono paure tipiche dell’infanzia, della fanciullezza, dell’adolescenza e anche dell’età matura e della vecchiaia. Per quanto riguarda i bambini nei primi cinque anni di vita, le situazioni che provocano reazioni allarmanti sono:

1) Tra i 3-4 mesi e i tre anni: i rumori forti, il dolore, l’accostarsi rapido di oggetti, l’altezza, l’isolamento e i bruschi cambiamenti di illuminazione,tutte paure che diminuiscono gradualmente nell’età successive. In questa prima esperienza di paura il bambino viene colto di sorpresa.
2) A partire dalla seconda metà del primo anno di vita e per tutto il secondo: inizia verso i due anni la paura di perdere l’amore ed essere punito, con il conseguente senso di colpa che può essere una minaccia più pericolosa della separazione in sé. Soprattutto verso il terzo anno, il bambino è molto sensibile a queste punizioni e ricoveri, che per lui significano privazione dell’amore e rifiuto di tutta la sua persona.
In questa età la paura dell’ignoto e della separazione sono frequenti, anche queste paure diminuiscono dopo i tre anni.
3) Intorno ai 20-24 mesi fino ai 5-8 anni: la paura per gli animali e per il buio sono più frequenti e raggiungono la punta massima verso gli otto anni. Gli studi sull’ontogenesi della paura nei bambini dimostrano che questa emozione non appare chiaramente se non dopo il primo anno di vita. Questi dati non possono essere definitivi, in quanto in età precoce è difficile distinguere il disagio dalla paura. Il bambino ricorda più a lungo le esperienze spiacevoli e l’immaginazione, che via via diventa sempre più ricca, può far nascere timori e ansie per qualcosa che hanno sentito nominare e discutere da altri, senza nemmeno conoscere l’oggetto in questione, acquisendo così la capacità anticipatoria di immaginare pericoli incombenti. E’ frequente nel bambino il processo di generalizzazione della paura, che si discosta dall’oggetto originario: ad esempio un bambino che si spaventa durante una visita medica, potrà estendere lo spavento a tutte le persone che indossano un camice bianco. Ad ogni età ognuno ha una particolare “disponibilità” alle paure. 
Verso i 6-11 anni alcune paure dell’infanzia vengono padroneggiate e superate e ne nascono altre, in relazione allo stato di maturazione cognitiva. Diminuiranno le paure per i rumori, le luci, il buio e aumenteranno ad esempio quelle dei danni fisici, come le amputazioni, le ferite. Anche nell’adolescente sono presenti delle paure, che spesso non si notano. L’adolescente teme la morte, il dolore, la sofferenza: paure che accompagnano l’uomo durante tutta la sua esistenza. Soprattutto in una fase così delicata come l’adolescenza, il ragazzo teme le ferite, le amputazioni; teme le esperienze che in qualche modo vanno a modificare provvisoriamente o definitivamente il suo corpo che è già in continuo cambiamento.

Arrivato al nido, il bambino dovrà subito affrontare una delle paure più grandi: quella della separazione dalle persone amate. L'angoscia da separazione si manifesta già fin da neonati. Nel momento in cui il neonato, essendo molto sensibile, percepisce un sentimento di insicurezza e di lontanza emotiva, percepisce un non ascolto, inizia a piangere, irrigidendo tutti i suoi arti. Il bambino, anche a livello motorio, si sente minacciato nella sua integrità e ha paura dell'abbandono. L'angoscia da separazione è una delle paure fondamentali dell'essere umano, una angoscia, che come sostiene Bernard Aucouturier, è inscritta incosciamente in ciascuno di noi, nel proprio corpo, nella propria tensione muscolare, nella propria sfera tonico-emotiva. L’angoscia da separazione nasce quindi dalla percezione, dal timore di essere abbandonato dalla mamma e, ritualmente, si esprime sempre con irrequietezza, irrigidimento del tono muscolare, difficoltà nell'addormentamento, difficoltà a giocare, pianti e urla disperati (ad esempio, semplicemente quando la mamma si allontana anche solo per raggiungere un’altra stanza). Nel prendersi cura di un bambino piccolo, è quindi, molto importante per attenuare questa paura che la mamma e il papà possano dedicare momenti esclusivi per il bambino, momenti accompagnati da carezze affettuose, sguardi di fiducia, tocchi, scambi di sussurri, abbracci, in modo tale da far sentire al bambino di essere amato. Inoltre anche cercare di mantenere la serenità, la lentezza e la distensione in situazioni improvvise, in situazioni di disagio, in situazioni che modificano il rituale del bambino durante la giornata è da non tralasciare. In tali casi, il bambino non deve percepire né che la mamma è spaventata dalle sue reazioni, né che si sente in qualche modo colpevole di quello che gli sta accadendo, né che è irritata o arrabbiata (anche se tutto ciò capisco non sia a volte facile!). Anche perchè l'ansia e la tensione del genitore induce lo stesso stato d'animo nel bambino, anche se le origini e la qualità della tensione risulteranno essere diverse, e così pure la sua espressione. Il bambino, infatti, tende a valutare un'azione (in questo caso, ad esempio un saluto dei genitori, un cambio di stanza della mamma, un papà che manca da casa per alcuni giorni per motivi di lavoro, una mancata risposta al suo pianto, .... ) e la sua "gravità" in base ai segnali di ansia e tensione che vengono manifestati (a volte inconsciamente, ma che il bambino percepisce!) dai genitori stessi: quando improvvisamente tali segnali li comunicano che vi è motivo di essere in tensione e di aver paura, il bambino risponde in maniera molto personale e in base ai propri strumenti. 

Molto spesso, capita che il bambino, rassicura da sè questa paura di essere abbandonato attraverso l'utilizzo di "oggetti transizionali" (Donald Winnicott): questi oggetti, che assumono forme diverse "di valore emotivo inestimabile" (quali, ad esempio, una copertina o un pezzo di stoffa o un peluche o la maglia di papà o toccare l'orecchio o accarezzare i capelli o toccare e strofinare le proprie mani alle mani dell'adulto ... ) rappresentano “la transizione, lo spostamento del bambino da uno stato di fusione e "tutt'uno" con la madre ad uno stato di relazione distaccata con la madre come qualcosa di esterno e separato” . Ossia, l'oggetto diventa emotivamente per il bambino il uno spazio illusorio di legame con la mamma che lo rassicura nelle situazioni dove si sente minacciato. Oggetto della quale lo stesso profumo è fondamentale! (Molto spesso infatti sono oggetti che i bambini non vogliono lavare!!). 

Il gioco spontaneo che il bambino utilizza per dare una forma ed evolvere questa paura è il gioco del cucù: quindi giocare e sperimentare la presenza/assenza, ma emotivamente sta a rappresentare la presenza/assenza della figura materna dentro di sè. Il gioco del cucù è un gioco che si può osservare già da neonati, quando il bambino che riesce a prendere un oggetto tra le mani lo tira e l'oggetto scompare. Ma poi ci sarà l'adulto che prenderà l'oggetto e lo farà ricomparire (è molto importante che l'oggetto ricompaia sempre: so che dopo un po' di volte che l'oggetto viene buttato a terra o comunque tirato l'adulto si stanca ma è una azione che crea tensione nel bambino in quanto il bambino non percepisce il ritorno, la presenza, il riapparire (ricordiamoci che il bambino sta elaborando la presenza/assenza della mamma!!)). Quindi le azioni gioco che più servono ad elaborare la paura dell'abbandono sono la presenza/assenza, scomparire/riapparire, dentro/fuori. Gioco del cucù, cofanetti o scatole delle stoffe, scatole del cucù.

Anche avere paura del buio è molto frequente nella fascia d’età dai 2 ai 6 anni ed insorge proprio quando il bambino si è abituato al mondo della luce e a riconoscere punti di riferimento intorno a sé. L’oscuro cancella tutta e fa perdere ogni sicurezza, semplicemente perché non si riesce a vedere, tutto sembra nascosto e irraggiungibile. Ecco perché risvegliarsi nel bel mezzo della notte può essere davvero spaventoso: un’ombra o un rumore diventano giganteschi e spaventosi nel silenzio nero. I 2 anni sono anche il periodo degli incubi e succede spesso che intorno a quest’età il bimbo si risvegli piangendo e urlando: una lucetta vicino al letto potrà rassicurarlo. Le paure prescolari (ad esempio, quella legata ai mostri, alle streghe o ai temporali) possono diventare il contenitore di altri timori, come quello di perdersi o di non riuscire a rivedere la mamma. E’solo dopo i 3 anni che i bambini, più attenti agli eventi quotidiani, possono riversare le loro frustrazioni sulle paure: ad esempio, un bambino che è stato brontolato dai genitori, può sublimare la sua aggressività in un sogno pauroso. 

In realtà, giocare con il buio può diventare un’attività molto divertente da fare al nido: si possono scoprire oggetti, oppure giocare con le torce, oppure fare merenda a lume di candela. Consiglio comunque di garantire sempre una semi-oscurità, per evitare passaggi troppo drastici. A volte, al nido, cantiamo anche la “Canzone delle streghe cattive” spengendo la luce e modulando la voce in maniera “paurosa”. Un'altra attività che può aiutare ad esorcizzare gli spaventi è ovviamente la lettura e sulla paura del buio, possono essere utili dei libri un po’speciali, come A luci spente (Mondadori) di Richard Fowler e Ombre (Franco Panini) di Armaud Roi: entrambi pop up permettono di realizzare dei giochi di ombre. Per i più bravi, sono sufficienti un telo bianco e tanta fantasia per creare un teatrino di ombre con le mani o con sagome di carta ritagliata: i bambini saranno affascinati dal mistero creato dalla situazione e saranno più fantasiosi di voi ad immaginare animali e oggetti rappresentati attraverso le vostre dita. Sull’argomento, la lettura di Giocare con le ombre (edizioni Junior) nella fase di programmazione può essere utile per pensare ad attività più organizzate per i più grandi o solo per documentarsi sull’argomento. Ci sono infine tante, tantissime attività da fare con il colore nero: dai teli di stoffa nella motricità alle attività grafico pittoriche. Sebbene la paura del buio sia molto frequente, il colore nero piace molto ai bambini: demarca, è forte e li aiuta meglio a definirsi e a lasciare una traccia di sé.

C. M. Candiani, L. Vichi, V. Ferri

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